Sopravvivere ai conflitti con i figli adolescenti: serve davvero l’esperto?
“Ma cosa ci vai a fare a questi incontri per mamme depresse e insegnanti sfigate?” mi apostrofano i figli, sulla porta di casa.Sorrido, ripensando al loro commento, quando mi ritrovo in coda, tra decine di coppie e di genitori “single” all’ingresso dello spazio pubblico in corso Garibaldi, a Milano, dove Daniele Novara – tra gli educatori più conosciuti e apprezzati, fondatore del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti tiene una conferenza dal titolo: “Adolescenti… che fatica!”.
Madre di due ormai ex cuccioli, mi sento rinfrancata dalla fame che riconosco negli occhi di quanti mi stanno intorno. Bisogno di risposte, rassicurazioni, regole, programmi che aiutino ciascuno di noi a costruire il proprio personale “manuale d’istruzioni”. Un vademecum per il buon funzionamento dei rapporti familiari. Uno strumento che aiuti a ricucire gli “strappi di crescita” dei nostri figli. Perché aiutarli a diventare adulti non si riveli una quotidiana fatica. Per godere lo spettacolo della trasformazione, con un occhio alla salutare infanzia che resta radicata in loro quando pure hanno superato la soglia, e l’altro agli uomini e alle donne che saranno.
Ma esiste una cassetta degli attrezzi per la manutenzione delle relazioni? Si può imparare anche a litigare?
“Ha 17 anni e non riesco più a farle accettare quello che le chiedo. Rientra all’ora che vuole…”.
“Ha 13 anni. Ho trovato più volte pacchetti di sigarette, accendini, nelle tasche della giacca o nel suo zaino. Ne abbiamo parlato a lungo, lui nega, dice sempre che sono di amici. Eppure sa che controllo e che la punizione arriva puntuale. Sembra che lo faccia apposta…”
“Lo so che è grande e grosso, ha 18 anni e un fisico atletico. Ma non riesco a sopportare la sua passione per la boxe: ieri è arrivato a casa con un occhio nero. Come posso impedirgli di farsi del male?”.
“Quando si arrabbiano mi insultano. Resto profondamente ferita. Che cosa consiglia di fare?” (Da una ricerca del Cppp risulta che solo il 23% dei ragazzi non ricorre mai a “paroloni” e insulti nel conflitto con i genitori ).
Una pioggia di domande, che hanno costretto a tenere aperta la sala ben oltre l’orario concordato. Naufraghi in cerca di una zattera.
Le premesse avevano un po’ stemperato l’ansia: “Il conflitto tra genitori e adolescenti è sano”, aveva ricordato l’esperto. “Una relazione non faticosa non è una relazione significativa”. “E’ l’età dell’allontanamento, il momento di rottura, l’ora della crisi. Non ci si può incaponire a cercare la gradevolezza, a tutti i costi…”. Ruoli chiariti da principio, anche con indicazioni di rassicurante banalità: “Abbiamo il dovere di dare regole, creare gli argini giusti per la strada che prenderanno. Non possiamo sapere tutto della vita dei nostri figli, non dobbiamo pretendere la confidenza, né abolire i conflitti”.
Il rischio – aggiunge – è di trovarsi con una generazione che non sa reggere le contrarietà o accettare il contrasto: “Insicuri e permalosi, fanno scoppiare risse per uno sguardo”.
“La gestione dei conflitti” era, appunto, il sottotitolo dell’incontro. Aree di “manutenzione relazionale”, dice lui. Zone d’ombra, buchi neri, cortocircuiti emotivi, penso. Ma anche un modo per mettersi alla prova e affermare la propria individualità.
Dunque, come fare: base di partenza un’organizzazione chiara (orari, uscite, computer, aiuto domestico); la coesione tra genitori (parlare sempre a nome della coppia, senza cercare alleanze sottobanco); l’applicazione di “sanzioni educative”. Non chiamiamole “punizioni”. Tutto arcinoto (?), ma non nuoce un ripassino. Tantopiù che si diventa genitori senza seguire corsi o prendere “patentini”. Ben vengano il confronto e un minimo di riflessione, per arricchire il ruolo.
Nel corso della serata, intanto, ho dato un nome ai miei errori: sono un “genitore di pancia”. Dovrei imparare a non intervenire subito, “prendermi cura delle mie emozioni”: se reagisco a caldo, sostiene Novara, il mio intervento non sarà efficace, trasmetterà ansia e preoccupazione. Lezione numero uno: prendere tempo, costruire un progetto. Ecco il coniglio nel cilindro.
Per qualcun altro la lucina si è accesa quando il relatore ha parlato della “strategia del gatto”: aspettare che si avvicinino, che abbiano voglia di comunicare. E a quel punto porre domande maieutiche, non di controllo o di odiosa routine (Com’è andata oggi a scuola?, per intenderci).
E ancora. Adattarsi al prezioso mantra montessoriano: “Aiutami a fare da solo”.
Quando la trasgressione è inaccettabile, poi, sfoderare l’arma del silenzio “attivo”. Serve, assicura Novara. Sospende il “rifornimento narcisistico”, direbbe uno psicologo. Segnala che c’è qualcosa che non va. E insieme, quando un figlio non funziona, chiediamoci che cos’è che non ha imparato. Che cosa possiamo fare per aiutarlo a imparare.
Ma mentre il relatore parlava, pensavo che anche qualcos’altro ci può aiutare a superare il conflitto. Più che il “manuale d’istruzioni” che ero venuta a cercare, la fiducia nel fatto che non possano che “esplodere”. Hanno dalla loro plasticità neuronale ed energia da vendere. E tutto il nostro amore. Poi ci sono i conflitti, certo, con l’attrito e l’energia che si libera. E le regole. Come diceva Kant: “E’ la resistenza all’aria a consentire il volo”.
E per voi che cos’è il conflitto? Sinonimo di guerra o opportunità di crescita? Come lo affrontate? Prendete tempo, trovate le parole giuste, “sapete” litigare? Fuggite, rimuovete, scivolate nelle scorciatoie della violenza?
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